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Laboratorio di OrtoCulture

20 Dicembre 2021

Laboratorio di OrtoCulture

di Stefania Cingia

 

“Ma come, abbiamo già finito?”. Lo studente guarda Silvia, una delle operatrici che lavora all’orto di San Polo, e si stupisce che il tempo sia volato così in fretta. Nonostante il freddo abbia fatto gelare i campi e intorpidire le mani, i ragazzi e ragazze che lavorano da un paio di ore non sembrano essere stanchi di lavorare nella natura.

L’ORTOC’E’ – laboratorio di OrtoCulture di Caritas Diocesana di Brescia, in collaborazione con la cooperativa Kemay e inserito all’interno delle comunità Laudato Si’, mercoledì 15 dicembre ha visto un gruppo di studenti di prima superiore del corso per operatore agricolo del CFP Canossa di Brescia impegnati in un laboratorio formativo. La proposta: svelare il significato delle tre culture, incontro, cura e rispetto, che connotano l’esistenza dell’orto sociale attraverso tre micro attività.

Il gruppo alla scoperta della parola cura si è cimentato nella sgranatura dei rami di lavanda. Cosa c’entra la cura con la sgranatura? È un lavoro minuzioso, di dettaglio, che richiede pazienza e come la cura è fatta di piccoli gesti che danno nuova vita e che nasce dalla contemplazione della bellezza e della dignità degli altri e del mondo.

L’altro gruppo era alle prese con la pulizia dei campi dall’erba secca per spargere poi il compost per fertilizzare il terreno. Associata a questa attività c’è la parola rispetto: rispetto per le piante, ma anche per tutto quello che c’è attorno, per tutti gli esseri viventi in un’ottica di vera ecologia integrale.

Un terzo gruppo si cimentava nella pulizia delle teste d’aglio e nella successiva piantumazione. La parola è incontro. “Di cosa?”, viene chiesto. Dei diversi vegetali, rispondono gli studenti: la consociazione di diversi vegetali influisce positivamente su tutte le piante coinvolte. Ma incontro anche di persone, come è nello spirito del progetto L’ORTOC’E’: di diversa nazionalità, religione, cultura, età, competenza. Tutti possono venire all’orto, a prescindere dalle proprie capacità.

“Ogni volta che facciamo esperienze concrete, i ragazzi chiedono di poter tornare perché ricevono molto”, dice la professoressa Monica Locatelli, che li ha accompagnati.

Articolo Voce del Popolo
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